Non c’è niente di più poetico che una passeggiata in riva al mare nelle spiagge poco frequentate fuori stagione. Magari dopo una mareggiata, quando la sabbia raccoglie ciò che le onde restituiscono. Conchiglie, alghe, sassolini, pezzi di legno, che catturano e fermano i pensieri di chi cammina.
“Quasi quattro anni fa, mentre passeggiavo sulla sabbia, ho visto un legno scolpito dal tempo, sbiancato dal sale. Mi ha affascinato. L’ho raccolto assieme a qualche altro lì vicino e sulla sabbia li ho poggiati a farne una piramide. Ci ho visto una lanterna. Li ho portati a casa, ne ho costruito subito una. Per me, è sempre così: quando una cosa è da buttare via, può assumere una nuova forma”.
Il legno di Vanni Cenedese
Vanni Cenedese è uno che ama il legno.
Per lui è una materia da guardare, toccare, respirare, riportare alla vita e a un nuovo uso che passa dall’elaborazione del proprio pensiero.
Lo sa da una vita, perché nel legno ci è nato.
Negli anni ’60 la famiglia aveva aperto un mobilificio a San Biagio di Callalta che realizzava mobili in stile.
Vanni era addetto alla linea produttiva e il legno lo conosce bene perché lo ha visto trasformarsi nei mobili più belli.
E alla lanterna che tempo dopo realizzò con i legnetti rilasciati dalla mareggiata e delle corde per legarla, ne ha aggiunte altre in scala.
Voleva abbellire la propria casa facendone dei porta candele, ma li vide un amico. “Me le presti che devo arredare il locale?” Un’esposizione particolare e soprattutto inaspettata, con cui cominciò a farsi conoscere in giro. Lanterne per tutti, e i giri in spiaggia o alle foci del Piave, dove le correnti depositano sulla riva i legnetti che trascinano dalle montagne, diventano sempre più frequenti.
Dal mare e dal Piave ai legni della Laguna
Ai legni del mare si affiancano quelli della laguna, le bricole. “Le ho sempre osservate come oggetti speciali nella laguna, finché ho desiderato lavorarne una. Ho cercato finché sono riuscito a trovare chi stoccava le bricole inutilizzabili, quelle che il moto ondoso erode a filo d’acqua fino a farle cadere” spiega ancora Vanni. “E’ un legno rovinato, soprattutto dal lateredine marino, una sorta di tarlo che lo mangia, lo scava e gli dà quell’aspetto bucherellato. Eppure, anche questo è il fascino del legno che vive e viene vissuto”. Vanni studia la bricola, ne trova i difetti, che per lui sono pregi, la lavora per farne dei gueridon, dei porta bottiglie o candele, taglieri e molto altro.
Una notte d’estate Vanni è a Venezia. I riflessi della luna sull’acqua e la luce sui marmi e sui mosaici sono una folgorazione. Arriva in laboratorio e comincia a lavorare il legno della bricola, lo dipinge di nero, oro e argento, ne fa oggetti di arredo. Persino sculture e quadri, con cui ha fatto una mostra a Dobbiaco.
“Ogni legno è stato parte di un albero, che è cresciuto finché non è stato tagliato, lavorato e poi buttato via perché alla fine del suo ciclo. Ma ogni legno ha una storia che va rispettata, che se presa per mano, può continuare” dice con tono leggero. Come i pali buttati via, quelli che reggevano le bellussere, i filari di vite a pergola che ora vengono sostituiti dai vigneti moderni. Ora possono finalmente riposare, nobilitati dalla loro nuova forma e funzione.
Articolo originale:
“Quel che restituisce il mare. L’arte dell’economia circolare.” www.metropolitano.it. 3 ottobre 2019,